10 febbraio 2016

Megadeth, Baroness, Killng Joke: Nuovo giro, nuova corsa!

Alcune uscite recenti hanno attirato la mia attenzione: Dystopia dei Megadeth, Purple dei Baroness e Pylon dei Killing Joke. Sono dischi diversi l'uno dall'altro e ho deciso di raggrupparli in un unico articolo più che altro per pigrizia.
Ultimamente non si da molto peso alle nuove uscite, è vero, ce ne sono troppe, ma bisogna scavare per trovare la qualità e se i Killing Joke sono una garanzia non era scontato che Dystopia fosse un album godibile e ancora meno, Purple, successore di un album di transizione come Yellow & Green. Io tra i mille ascolti random sono andata a curiosare dalle loro parti, restando stupita, per cui ve ne parlo\scrivo nella speranza di accendere un minimo anche il vostro interesse.


L'accecante criniera di Mustaine e altri tizi.
Dystopia dei Megadeth è stato un'assoluta sorpresa, dopo Super Collider, accolto malissimo da critica e pubblico (anche se a me non è dispiaciuto) non  mi aspettavo un album così , Dystopia è un album buono, con alcune belle canzoni (title-track su tutte poi The Threat is Real e Poisonous Shadows) e alcune idee interessanti. Il marchio è puramente Megadeth vecchio stampo, pur non con la stessa vena artistica ormai irraggiungibile dallo stesso Dave. Però, Mustaine, ha capito finalmente che non ce la fa più a cantare, quindi giù di accordatura e di prestazione vocale e il risultato non è per niente male. I nuovi membri hanno sicuramente giovato alla release, Cris Adler è una garanzia, e anche Kiko Loureiro si incastra bene nella formazione (un po' troppo "classico" per i miei gusti, ma è un parere personale) dando un contributo nell'ambito della freschezza del prodotto. Nella seconda tranche della carriera dei Megadeth, quella post Youthanasia per intenderci, questo è uno degli album migliori scritti dal biondociliegia crinito, Endgame escluso, ma quello inizio a pensare che sia stata una botta di culo ineguagliabile.
Ascoltatelo non ve ne pentirete, non resterà negli annali del Metal, ma almeno vi terrà compagnia per qualche mese con la parvenza di ascoltare qualcosa che si può paragonare agli amori giovanili: il ricordo è sempre meraviglioso, ma col tempo un po' sbiadisce.
I Megadeth sono sbiaditi, ma sono ancora qua e non hanno alcuna intenzione di lasciarci, per fortuna.
L'orribile video di Dystopia:





I Baroness in grande spolvero
Purple dei Baroness è un album coi controcazzi e già dall'intro di Morningstar si capisce dove vogliono andare a parare. La vita a volte è imprevedibile, e sono sicura che questo album sia figlio più che altro del brutto incidente in cui è stata coinvolta la band qualche anno fa, durante il tour di Yellow and Green, ragione per cui il 50% della suddetta è cambiato. Il risultato è stato uno spogliarsi dell'autoreferenzialità dell'album precedente e la riscoperta di un suono più diretto e meno prolisso e, grazie alle nuove aggiunte, sicuramente più contaminato e nuovo. Purple è un album veemente ma melodico allo stesso tempo, un album senza fronzoli ma con momenti riflessivi. La sensazione che accompagna tutti i 42 minuti della nuova fatica dei Baroness è quella di rivincita e di rinascita, si respira costantemente un'aria di rivalsa. Per quanto mi riguarda sono riusciti a sorprendere. Mi aspettavo un album più progressive, viste le premesse di Chlorine & Wine (canzone eccellente e ben strutturata, una sorta di suite metal), ma sono stata piacevolmente ingannata per ritrovarmi tra le mani un disco che contiene dell'ottimo metal moderno spruzzato di nostalgia.
Sempre bellissime le cover realizzate da Baizley.
Vorrei segnalare le canzoni migliori ma sono tutte più o meno sullo stesso livello, a parte la già citata Chlorine & Wine che è di un livello superiore al resto dell'album, non a caso è anche il primo singolo estratto, mi azzardo e segnalo Try to disappear, Desperation Burns e l'opener Mornignstar come i punti più alti, ma vale comunque la pena di spendere del tempo su tutte le tracce.
Insomma John Baizley e compagni ci hanno fatto un grandissimo regalo.






Grazie di esistere Jaz!
Pylon dei Killing Joke non è recensibile. Ho difficoltà con questo gruppo, sia perché non ha mai sbagliato un'uscita sia perché mi sento quasi una profana ogni volta che parlo di loro. Insomma, non li ho vissuti, ho ascoltato i loro album durante la mia adolescenza ma lontano anni luce dal contesto della band e i Killing Joke necessitano uno sforzo ulteriore oltre l'ascolto, uno sforzo di comprensione che forse ho sempre snobbato. Li ho visti dal vivo qualche anno fa e ad oggi lo ritengo uno dei concerti più emozionanti a cui sia stata. Ma Jaz Coleman e soci sono troppo avulsi dalla realtà per essere recensiti per cui ho trovato un metodo alternativo. Per scrivere recensioni di album in genere mi siedo, inforco le cuffie e ascolto con attenzione annotando su un'agenda una sorta di track-by-track in cui commento ogni canzone e aggiungo considerazioni generali sull'album, per recensire Pylon riporterò l'unica annotazione che ho scritto: assolutamente fantastico.

Non mi dilungo ulteriormente, ascoltatelo ed emozionatevi con me per uno dei gruppi più sottovalutati e allo stesso tempo più geniali della storia.




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