21 ottobre 2016

Dalla Svezia con furore: il ritorno dei Dark Tranquillity.


C'era una volta la Svezia, madre patria di un mai troppo esaltato Gothenburg sound. Come tutti sappiamo, i gruppi più famosi della scena sono sempre stati gli At the Gates e poi In Flames e Dark Tranquillity. Questi ultimi due erano una sorta di corrispettivo Melodic Death Metal di Metallica e Megadeth. Non parliamo di beghe allucinate come succedeva tra Mustaine e suoi ex compari, ma di una percezione che hanno sempre avuto i fan, oltre all'ovvia migrazione di Fridén dagli uni agli altri.
Gli In Flames erano un po' come i Metallica, diretti, innovatori, fautori di un songwriting vincente e memorabile.
I Dark Tranquillity erano invece un po' come i Megadeth, con lo stesso marchio ma più complessi, più introspettivi, meno diretti.
Ora non starò qua a sindacare su quale band, tra quelle citate, sia migliore dell'altra, ma vorrei solo far notare come si sia ripetuto uno schema già verificatosi.
Dagli anni '90 in poi i Metallica hanno subito un declino inesorabile sfociato poi in Lulù, che mi rifiuto di commentare (per chi se lo stia chiedendo: no, il nuovo album non li redimerà), un declino dato da una profonda crisi di ispirazione e probabilmente anche una perdita di motivazione. Per i Megadeth è stato diverso, hanno prodotto merdate (Risk), ma sono sempre restati su uno standard decisamente più alto rispetto ai cuginetti. Per intenderci, quando i Metallica sfornavano Load, i Megadeth si godevano ancora i frutti di un album come Youthanasia, poi anche loro sono inciampati nel corso della loro carriera, ma hanno avuto il coraggio di rimettersi in gioco ad ogni album, fino ad arrivare a ottime uscite (Endgame).
Torniamo agli svedesi e torniamo nel 2016, qualche giorno fa mi è capitato di vedere per caso in tv un concerto recente degli In Flames che ho guardato più per un senso di nostalgia che per un godimento vero e proprio. Ho ascoltato tutto quello che hanno prodotto, tutto. Ora tralasciando i vecchi bellissimi lavori (Whoracle, Colony, Clayman), ho apprezzato anche le aperture di Reroute to Remains, ma da Soundtrack to your Escape ( ad eccezione di qualche brano ben congegnato) c'è stata un discesa nell'anonimato disarmante. Il live che ho visto per caso non ha fatto altro che confermare questo pensiero.
Siamo sempre nel 2016 e sempre qualche giorno fa mi è capitato di ascoltare la prima anticipazione del nuovo album dei Dark Tranquillity, Atoma, e ho pensato non fosse affatto male.



Oggi ho visto il video del primo singolo estratto da questo nuovo album, in prossima uscita a Novembre, Forward Momentum, altra ottima canzone.
Le atmosfere e il lavoro di composizione ci sono tutti, è presto per gridare al miracolo, con soli due brani non si giudica un album, ma le premesse sono ottime.


Il punto è questo: ci sono gruppi che hanno prodotto musica fenomenale per poi perdere l'ispirazione e cadere nel baratro e altre band che nonostante qualche battuta d'arresto continuano ad essere ispirate e produrre lavori buoni,
A questo punto, visto che abbiamo già perso gli In Flames, confido in questo nuovo album di Stanne e soci.

23 aprile 2016

Death to All @ Cueva Rock Live. 22\04\2016


Non penso di essere stata l'unica a mostrare perplessità nei confronti di questo progetto. Anzi, ne ho letto di cotte e di crude, per cui ho affrontato il live di ieri sera con un po' di paura, che si è immancabilmente sciolta dopo le prime quattro note.
Parlare dei Death nel 2016 è molto complicato, anche perché Chuck Shuldiner non c'è più da molti anni e a prendere le redini del progetto sono stati i mostruosi Steve DiGiorgio e Gene Hoglan, ex membri della band. Sulla carta può sembrare una semplice paraculata trita soldi, una trovata di marketing. Ma siamo sicuri che sia così? Il concerto di ieri ha risposto ampiamente a questa domanda.
Non so neanche da dove cominciare. Andiamo per gradi.
La location è sempre una garanzia, la CuevaRock Live si conferma il locale di punta per il metal in Sardegna, e a parte l'ingresso un po' lento tutto fila liscio sino alla fine. Purtroppo ho perso praticamente tutti i set dei gruppi spalla, ovvero Worstenemy e Lunarsea, ma mi informano che entrambe le band hanno dato vita a una buona prestazione e non ho difficoltà a crederlo.
La cosa che più mi ha colpita è stata l'atmosfera, il pubblico era in uno stato di sospensione fiabesca, era tutto sfuggente e quasi irreale, si respirava aria di condivisione come non sentivo da tempo. Forse questo tratto non è comprensibile per chi non vive in un'isola, o comunque in un posto dove vi è sempre stata una grave carenza di concerti, ma qua da qualche anno stiamo iniziando a poter partecipare a live di qualità, cosa che fino anche a 10 anni fa era impensabile. Capite perciò che l'atmosfera aveva quel valore aggiunto del sogno ad occhi aperti.
Si, ma i Death to All? Cosa vi devo dire?
Live ineccepibile a parte qualche problema alla chitarra di Max Phelps (o almeno penso dal momento che la mia statura non mi ha permesso di verificare la veridicità di questo fatto) sul finale, ma niente di grave. Steve DiGiorgio è uno show man, Gene Hoglan ci ha fatto andare in pappa il cervello e Max Phelps ha svolto il suo lavoro in maniera eccellente. Vi dirò di più, la mia statura minuta mi ha permesso di godere alcuni tratti del live vedendo solo il mastodontico DiGiorgio così permettendo alla mente in estasi di percepire la presenza di Chuck. I Death to All sono un memorial mobile, tutto quello che fanno live, ogni riff, ogni parola è un tributo alla memoria dell'amico scomparso. Questa cosa è tangibile ed è stata una delle cose che più ha emozionato gli astanti.
La scaletta era perfetta, con la presenza di molti brani di Individual Thought Patterns, ma in due ore di live hanno ripescato da tutta la discografia. Le punte di diamante sono state Lack of Comprehension, l'immancabile Symbolic, Spirit Crusher, un'inaspettata cover degli Slayer che ha creato un improbabile pogo in uno spazio strettissimo e dulcis in fundo la chiusura con Pull the Plug.
Al momento sono ancora fuori fase per cui chiudo qua, ma so che chi c'era o chi ha presenziato a una qualsiasi delle loro date, sa esattamente quali sono le parole che non riesco a scrivere, quelle che mi sfuggono perché descriverebbero momenti che possono soltanto essere vissuti.

Un piccolo assaggio da un'altra data del tour:

8 aprile 2016

L'Apologia del Fenicottero. Deftones "Gore"

Sono sicura che non esista al mondo, nel 2016, un'altra band come i Deftones.
Loro sono tutto e il contrario di tutto: escono dall'underground Nu-Metal per non farne mai parte completamente, sfornano album per vent'anni l'uno diverso dall'altro ma sempre con lo stesso mood, sono una delle poche "band-azienda" ad avere ancora un'anima artistica. 
Ogni loro album in uscita è, nel bene o nel male, un evento. Il motivo è semplicemente che hanno una schiera di fan fedelissimi che li amano e una schiera di detrattori, altrettanto fedeli che li odiano. 
Come ogni altra volta non basta considerare solo la musica dei nostri, ma anche tutto ciò che c'è attorno, perché ogni album dei Deftones non è il frutto di un obbligo lavorativo, è anzi una continua sfida, un mettersi in discussione, una sorta di diario in musica. 
Facciamo il punto senza tornare troppo indietro, ma partendo da dieci anni fa.
Nel 2006 uscì Saturday Night Wrist, il loro album più controverso, probabilmente erano stanchi e appesantiti, ma riuscirono comunque a tirare fuori un album che delle belle canzoni (Hole in the Earth rimane tuttora una della mie preferite) e superiore alla media delle uscite di quel periodo. Dopo l'incidente di Chi Cheng uscì Diamond Eyes, quello che dal mio punto di vista è la migliore uscita del periodo post-White Pony. In seguito uscì Koi no Yokan, un album che sulla carta è quasi perfetto, ma che a distanza di anni mi lascia un retrogusto di perplessità. A dieci anni dal loro unico album controverso escono con Gore, il primo album dopo la morte di Chi, che secondo il mio modesto parere sarà il pomo della discordia tra i fan. 
Con le ultime due uscite sembrava che Chino and co. stessero segnando una strada precisa, che li avrebbe portati e esplorare nuovamente i lidi di White Pony, ma come da tradizione hanno sterzato all'ultimo, portando il proprio sound in un luogo diverso e fuori da ogni previsione.
Gore è un album carico di sentimento. Dopo decine di ascolti posso dichiarare, senza paura, di amarlo, come non ho mai amato Koi no Yokan ma meno di quanto ho amato Diamond Eyes. Siamo sempre lontani da Around the Fur (per me, il loro capolavoro) ma più vicini ad Adrenaline, Deftones e Saturday Night Wrist. Le componenti sono: ottime canzoni, sentimenti struggenti e un po' di caos generale.
Quando ad uscire fuori sono le emozioni e viene messa da parte la familiarità il risultato è la meraviglia.
Questo nuovo lavoro è un album molto complicato, più complicato dei precedenti, non immediato e per la prima volta nella loro carriera con un'omogeneità spiazzante.
Passiamo alle cose pratiche, ovvero le canzoni. Sto ancora tentando di riprendermi dalla bellezza struggente di Hearts\Wire e Rubicon. Una sola canzone continua a non convincermi per niente, ed è Doomed User, anche se nel refrain migliora nettamente rispetto ai versi. Un'altra canzone che mi ha spiazzata è la title-track, con un intro ritmico affascinante e un finale che fa realmente il culo a interi album di altre band osannate dalla critica ( niente nomi, sono buona ). Altra perla è Phantom Bride, con la collaborazione di Jerry Cantrell, canzone più classica ma altrettanto bella. Poi c'è Prayers\Triangles che è assolutamente un singolo perfetto e dall'impatto immediato, come al solito un singolo apripista che può essere fuorviante, questo è un loro modus operandi. Ho apprezzato tantissimo anche (L)MIRL, Acid Hologram e Geometric Headress. Insomma, lo trovo un album bello e convincente con delle frecce inusuali al proprio arco.
Uscire dagli schemi non sempre paga, ma uscire dagli schemi con delle idee vincenti può fare la differenza. Gore non piacerà a molti perché è uscito dal binario che sembrava tirare dritto dal 2010 in poi, ma noi forse non ameremmo così tanto la band di Sacramento se non riuscisse a sorprenderci ad ogni uscita. Il mio pensiero è conforme a quello di Chino Moreno: questo è uno dei loro album migliori, anche se non il migliore.
Buon ascolto e ricordate che un album con dei fenicotteri in copertina è vincente a prescindere.


10 febbraio 2016

Megadeth, Baroness, Killng Joke: Nuovo giro, nuova corsa!

Alcune uscite recenti hanno attirato la mia attenzione: Dystopia dei Megadeth, Purple dei Baroness e Pylon dei Killing Joke. Sono dischi diversi l'uno dall'altro e ho deciso di raggrupparli in un unico articolo più che altro per pigrizia.
Ultimamente non si da molto peso alle nuove uscite, è vero, ce ne sono troppe, ma bisogna scavare per trovare la qualità e se i Killing Joke sono una garanzia non era scontato che Dystopia fosse un album godibile e ancora meno, Purple, successore di un album di transizione come Yellow & Green. Io tra i mille ascolti random sono andata a curiosare dalle loro parti, restando stupita, per cui ve ne parlo\scrivo nella speranza di accendere un minimo anche il vostro interesse.


L'accecante criniera di Mustaine e altri tizi.
Dystopia dei Megadeth è stato un'assoluta sorpresa, dopo Super Collider, accolto malissimo da critica e pubblico (anche se a me non è dispiaciuto) non  mi aspettavo un album così , Dystopia è un album buono, con alcune belle canzoni (title-track su tutte poi The Threat is Real e Poisonous Shadows) e alcune idee interessanti. Il marchio è puramente Megadeth vecchio stampo, pur non con la stessa vena artistica ormai irraggiungibile dallo stesso Dave. Però, Mustaine, ha capito finalmente che non ce la fa più a cantare, quindi giù di accordatura e di prestazione vocale e il risultato non è per niente male. I nuovi membri hanno sicuramente giovato alla release, Cris Adler è una garanzia, e anche Kiko Loureiro si incastra bene nella formazione (un po' troppo "classico" per i miei gusti, ma è un parere personale) dando un contributo nell'ambito della freschezza del prodotto. Nella seconda tranche della carriera dei Megadeth, quella post Youthanasia per intenderci, questo è uno degli album migliori scritti dal biondociliegia crinito, Endgame escluso, ma quello inizio a pensare che sia stata una botta di culo ineguagliabile.
Ascoltatelo non ve ne pentirete, non resterà negli annali del Metal, ma almeno vi terrà compagnia per qualche mese con la parvenza di ascoltare qualcosa che si può paragonare agli amori giovanili: il ricordo è sempre meraviglioso, ma col tempo un po' sbiadisce.
I Megadeth sono sbiaditi, ma sono ancora qua e non hanno alcuna intenzione di lasciarci, per fortuna.
L'orribile video di Dystopia:





I Baroness in grande spolvero
Purple dei Baroness è un album coi controcazzi e già dall'intro di Morningstar si capisce dove vogliono andare a parare. La vita a volte è imprevedibile, e sono sicura che questo album sia figlio più che altro del brutto incidente in cui è stata coinvolta la band qualche anno fa, durante il tour di Yellow and Green, ragione per cui il 50% della suddetta è cambiato. Il risultato è stato uno spogliarsi dell'autoreferenzialità dell'album precedente e la riscoperta di un suono più diretto e meno prolisso e, grazie alle nuove aggiunte, sicuramente più contaminato e nuovo. Purple è un album veemente ma melodico allo stesso tempo, un album senza fronzoli ma con momenti riflessivi. La sensazione che accompagna tutti i 42 minuti della nuova fatica dei Baroness è quella di rivincita e di rinascita, si respira costantemente un'aria di rivalsa. Per quanto mi riguarda sono riusciti a sorprendere. Mi aspettavo un album più progressive, viste le premesse di Chlorine & Wine (canzone eccellente e ben strutturata, una sorta di suite metal), ma sono stata piacevolmente ingannata per ritrovarmi tra le mani un disco che contiene dell'ottimo metal moderno spruzzato di nostalgia.
Sempre bellissime le cover realizzate da Baizley.
Vorrei segnalare le canzoni migliori ma sono tutte più o meno sullo stesso livello, a parte la già citata Chlorine & Wine che è di un livello superiore al resto dell'album, non a caso è anche il primo singolo estratto, mi azzardo e segnalo Try to disappear, Desperation Burns e l'opener Mornignstar come i punti più alti, ma vale comunque la pena di spendere del tempo su tutte le tracce.
Insomma John Baizley e compagni ci hanno fatto un grandissimo regalo.






Grazie di esistere Jaz!
Pylon dei Killing Joke non è recensibile. Ho difficoltà con questo gruppo, sia perché non ha mai sbagliato un'uscita sia perché mi sento quasi una profana ogni volta che parlo di loro. Insomma, non li ho vissuti, ho ascoltato i loro album durante la mia adolescenza ma lontano anni luce dal contesto della band e i Killing Joke necessitano uno sforzo ulteriore oltre l'ascolto, uno sforzo di comprensione che forse ho sempre snobbato. Li ho visti dal vivo qualche anno fa e ad oggi lo ritengo uno dei concerti più emozionanti a cui sia stata. Ma Jaz Coleman e soci sono troppo avulsi dalla realtà per essere recensiti per cui ho trovato un metodo alternativo. Per scrivere recensioni di album in genere mi siedo, inforco le cuffie e ascolto con attenzione annotando su un'agenda una sorta di track-by-track in cui commento ogni canzone e aggiungo considerazioni generali sull'album, per recensire Pylon riporterò l'unica annotazione che ho scritto: assolutamente fantastico.

Non mi dilungo ulteriormente, ascoltatelo ed emozionatevi con me per uno dei gruppi più sottovalutati e allo stesso tempo più geniali della storia.